Presentati e raccontaci la tua storia e cosa hai fatto oggi alla Ferrari Fashion School.
Sono Andrea Bandiera e sono il Senior Recruitment e Creative Manager di Lagente, un’agenzia basata a Milano che dal 1994 si occupa di rappresentare fashion designer e accompagnarli all’interno del loro percorso professionale. Lavoro per Lagente da quasi 10 anni, prima di questa esperienza seguivo le production per gli editoriali e scrivevo articoli con focus su moda e cultura per il magazine indipendente RedMilk. Dal 2012 sono giornalista pubblicista e recentemente sono diventato Editorial Director di STELLAPubblication. Oggi ho incontrato una selezione di studenti del terzo anno di Ferrari Fashion per una sessione di revisione portfolio.
Come definiresti un buon portfolio per un giovane designer?
Credo che ci siano alcune accortezze da seguire come avere una struttura ordinata che possa essere di immediata lettura per l’interlocutore a cui si fa vedere il proprio materiale, fare un buon uso degli spazi bianchi e dei font, avere una buona selezione di immagini in alta risoluzione e presentare un’approfondita ricerca visiva. Il portfolio deve raccontare al meglio il processo creativo seguito dal designer, per questo motivo è importante documentare tutti gli step che si seguono, inclusi anche i momenti di fitting (quando possibile) e le diverse modalità di progettazione.
Quali elementi consideri essenziali per impressionarti?
Curiosità e fame creativa.
Quali caratteristiche e competenze cerchi nei giovani talenti che aspirano a ruoli creativi?
La capacità di tradurre il proprio pensiero mettendolo a disposizione di un qualsiasi interlocutore. Quando si parte da qualcosa di personale, di astratto, da una visione, e improvvisamente tutto questo viene manifestato attraverso volumi, forme e materiali. L’attenzione quasi maniacale ai dettagli… non bisogna dare mai nulla per scontato.
Il saper essere, il saper fare e il saper stare nello spazio.
La ricerca e come questa si porta avanti sono caratteristiche altrettanto importanti.
Inoltre, oggi direi che è essenziale anche la capacità di essere sostenibili, ognuno a modo suo e con le sue possibilità. Penso sia impossibile non tenere in considerazione questo aspetto, perché significherebbe non essere figli del proprio tempo.
Quale consiglio daresti agli studenti del terzo anno di fashion design per distinguersi nel mercato competitivo di oggi?
Studiare accuratamente le realtà già esistenti sia per chi volesse fare esperienza in azienda (passaggio a mio parere necessario e fondamentale) sia per chi volesse lanciare il proprio progetto personale. È necessario conoscere dati, numeri, professionisti del settore per poter pensare di interagire con questa industria. Fondamentale andare nei negozi, toccare i prodotti, studiare la façon dei capi e riconoscerne i punti di forza e quelli di miglioramento. È importante fare domande agli addetti alle vendite per capire come sta andando il mercato e comprendere meglio il cliente.
È importante contaminare la propria formazione con contenuti che non siano solamente legati al mondo della moda, bisogna espandere i propri orizzonti attraverso la ricerca, che non deve essere limitata solo alla sfera digitale ma dovrebbe avere un riscontro anche al di fuori. Per questo è importante osservare luoghi e persone, osservare come queste interagiscono con l’esterno e con l’interno.
È importante confrontarsi con i propri colleghi, ascoltare punti di vista diversi e condividere con loro in modo generoso, perché solamente in questo modo si ha lo spazio anche di ricevere.
Inoltre, last but not least, non smettere mai di essere curiosi, di cercare inaspettati corti circuiti e incoraggiare gli incontri per far sentire la propria voce e affermare la propria visione.
Come credi che la cultura e le esperienze internazionali possano influenzare la crescita e lo sviluppo di un designer emergente?
Le esperienze internazionali sono importantissime. Il confronto con culture diverse è necessario per poter arricchire la propria visione di nuove sfumature e sperimentare nuove tecniche e nuovi linguaggi che torneranno sicuramente utili ai fini della progettazione.
Come pensi che la creatività personale di un giovane designer possa distinguersi nel mercato competitivo di oggi?
Io credo che la creatività di un giovane designer abbia la possibilità di emergere nel mercato di oggi quando c’è una visione chiara, precisa e autentica. Quando il progetto è sentito fortemente dal designer, quando questo esprime chiaramente la sua identità. Ovviamente questa visione dovrà necessariamente fare i conti con la contemporaneità e con le logiche del mercato, con i dati e con i numeri a cui facevo riferimento prima. Fare i conti con questi dettagli, però, non significa scendere brutalmente a compromessi; significa trovare il proprio posto nel mondo facendo qualcosa che si ama fare e che, per essere di successo, dovrà necessariamente trovare una cassa di risonanza. Sicuramente non un compito semplice.
Qual è il valore di esprimere la propria identità creativa nel portfolio?
La possibilità di lasciare una traccia ed essere ricordati per il proprio personale punto di vista. Che non significa necessariamente fare cose folli, significa avere una visione chiara e precisa. Avere un’idea di cliente, un mercato di riferimento, aver costruito intorno alla propria creatività un mondo e un immaginario. Non è necessario fare tanto rumore, soprattutto in un momento storico come questo. Si può anche parlare sottovoce, ma essere ricordati per la forma e le cose che si dicono, questo vale anche quando si fanno abiti.